Faceva freddo. Un viso, l’unica parte che non è rimasta coperta, si è gelato così che muovere un muscolo è  impassibile. Una sensazione era abbastanza spiacevole. Ho pensato che le persone che fanno la chirurgia plastica probabilmente provano la stessa cosa. Ho avuto compassione, nonostante ora era il momento per pensare per sè. Non sentivo più le dita delle mani e dei piedi.

Tutt’intorno era buio. Non si vede nessuno e alcuno, soltanto una certa luce brucia in lontanza, strano, ma molto abbagliante e sono sicuro che e ancora e calda e può mi scaldare. Potresmi giundere fino a lei.

Un silenzio. Tanto profondo ch’è sentito il suono dei passi propri scricchiolati sulla neve. Vado e cerco di non pensare di lui… del freddo. Penso del sole contro la volontà, ma anche l’immaginazione ha gelato e più lontano e niente. Allora semplicemente vado avanti, non pensando di niente. Cosè è  più facile. Quando pensi, ancora bisogna agire. Ora non vorrei fare niente, vorrei solo andare e non fermarsi. Per esempio, bisogna telefonare per mi porta via più presto del questo luogo orrendo. Non potrò uscire da solo. Ma per telefonare, bisogna cercare il telefono nelle mie tasche. I mani hanno gelati cosè che fare la tale semplice cosa per me costa fatica. Perciò mi mettevo a scacciare i pensieri.

Continuo a andare. La luce, ch’è in lontananza non si mette più vicino. Sembra che ci moviamo avanti sincronicamente. Non può tener fronte a lei. Continuo di andare. Ho paura. Non per il buoio, ma perciò ho paura di non giungere. So che non potrò così lungamente. Ma qualcosa mi forza andare.

Gelo, i passi diventano più lenti, non sento più il freddo perciò lui è dappertutto, lo sono impregnata fino alle ossa. Mi sono fermata e ho seduto sulla neve. Voglio molto andare più lontano. So che un giorno riusciro di giungere quella luce, bisogna soltanto cercare le forze per alzarmi. Devo andare avanti.

Mi sono svegliata…